Normalmente parlo di talenti del gioco del calcio, a prescindere dai colori della maglia indossata, a prescindere dal tifo personale, a prescindere da qualsiasi altra considerazione extra.
Parlo di talenti del gioco del calcio e basta. Probabilmente per cercare di dimenticare gli ultimi anni il più in fretta possibile, gli anni passati che hanno visto un calo vertiginoso del nostro calcio, il calcio italiano, a partire dallo scandalo del 2006 e continuando con prestazioni europee non proprio all’altezza.
Di questi ho parlato qualche tempo fa, definendo le iniziali del baby-jolly Pato e chiedendomi se non fosse meglio per il fenomeno Balotelli cambiare aria.
Normalmente dicevo.
Leggendo i giornali del lunedì mattina, la solita rassegna stampa via web naturalmente (se vuoi evitare di spendere soldi in edicola chiedimi come fare ;)), mi è passato per la testa immediatamente un flash di un ottimo articolo di Conky di qualche tempo fa.
Incoraggiati dall’appartenenza di un calciatore al proprio organico fantacalcistico – diceva Conky – si impiega poco a capire quando nella valutazione giornalistica di un giocatore, talvota di un talento del gioco del calcio, ci si mette di mezzo l’idiozia.
Il protagonista in questione è tale argentino di origini italiane, trequartista del Palermo, Javier Matías Pastore, uno dei Sette magnifici giocatori di maggior prospettiva nel mondo (lo dice il semestrale Champions, magazine ufficiale della UEFA Champions League, non io), a proposito di talenti.
Certo non avrei mai voluto parlare di lui prendendo come spunto un 5 della Gazzetta, un 7 del Corriere e un 6 del TuttoSport ma avendo visto la partita, avendolo nel fanta-organico di quest’anno, la grottesca valutazione del giocatore non poteva passarmi sott’occhio.
Non ha iniziato alla grande all’esordio nel massimo campionato italiano – sicuramente non ha trovato un allenatore in grado di inserirlo gradualmente come si fa con un giovane e come è stato fatto successivamente – e non ha dimostrato tecnica ed eleganza, dribblig e grande abilità nell’uno contro uno, capacità di verticalizzazione e soprattutto confidenza con il gol, punti cardine degni dei migliori curricula di calciatori promesse, talenti nascenti. Lui stesso è stato presentato al pubblico rosanero con uno di questi.
Dal mercato di gennaio – da quando Simplicio è stato avvicinato alla Roma per fine stagione, poi ad un prestito dell’ultimo minuto all’Inter, sarà stata una coincidenza – Javier Matìas Pastore ha iniziato ad avere pian piano sempre più spazio, più liberta d’espressione (ricordo ancora quando entrava a partita in corso e il mister gli gridava: “gioca dove vuoi e fai quello che sai fare!”), sono arrivati primo gol e prestazioni di buon livello una dopo l’altra.
Il Palermo di questi tempi esprime forse il più bel gioco nel campionato italiano (partita contro la Juventus esclusa) e parte del merito è proprio del giovante talento dell’89.
Ora, come è lecito domandarsi perché mai, per un semplice rigore sbagliato, un giocatore viene valutato malamente a prescindere dalla sua reale partita complessiva, oggi mi chiedo come sia possibile che, di uno stesso giocatore, un giornalista veda una prestazione pessima, un altro giornalista una prestazione egregia e un altro ancora una prestazione sufficiente.
I giornalisti continuano a non considerare forse l’importanza dell’assegnare correttamente i voti, oggi superiore rispetto a ieri?
O non si scelgono i giornalisti migliori, non di parte magari, per arrivare ad una uniformità di giudizio che noi fantallenatori sognamo settimanalmente?
Certo, come ho sempre sostenuto, si gioca un fantacalcio più giusto con la media voti, ma notare delle madornali differenze di valutazione farà sempre discutere e polemizzare.
E incazzare una bestia se non fai al fantacalcio i punti che meriti.
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